mercoledì 30 luglio 2014

THREE...EXTREMES - F.Chan/ P.Chan/ T.Miike, 2004


Imperdibile antologia partorita da tre grandi nomi del cinema horror orientale: il giapponese Takashi Miike, il cinese Fruit Chan e il coreano Park Chan-wook. Il film è stato realizzato due anni dopo l’uscita del primo capitolo “Three”, che vedeva la collaborazione di Nonzee Nimibutr, Kim Jee-Woon e Peter ChanUn'opera visionaria ed eccentrica, spettacolare nella forma e spiazzante nella sostanza: incubi, visioni, ossessioni, follia, sono solo alcuni degli ingredienti che condiscono questo ambizioso progetto, presentato alla 61° mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e che ha suscitato reazioni contrastanti.


"DUMPLINGS" -  F.Chan
Un'ex attrice è ossessionata dalla bellezza e non sopporta l'idea di invecchiare. Si reca così da una donna, famosa per la sua arte di cucinare dei ravioli dal ripieno miracoloso, capace di ringiovanire e mantenere viva la bellezza. Ma quale sarà l'ingrediente segreto?

"Dumplings" nasce in realtà come film
indipendente e la versione inserita nell'antologia è quella ridotta. Il mediometraggio ha subìto infatti un taglio di ben 40 minuti e l'epilogo è differente rispetto alla versione originale.Nonostante si riscontri a tratti una certa difficoltà nel comprendere alcuni dettagli della trama, a causa dei segmenti mancanti, l'episodio in questione spicca non solo per l'originale costruzione narrativa ma anche per le azzeccatissime soluzioni estetiche che rendono il film una vera goduria per gli occhi, a cominciare dall’elegante e curata fotografia. La storia, agghiacciante quanto disgustosa, trae spunto da una reale tradizione della cultura cinese, secondo la quale un “particolare” ripieno dei ravioli sarebbe in grado di garantire l’eterna giovinezza. La messa in scena vivace e patinata crea un contrasto ancora più disturbante con la vicenda macabra e morbosa che ruota attorno al personaggio principale. Per me è l'episodio migliore del lotto. Da recuperare anche la versione estesa.


"CUT" - P.Chan
Un regista e la moglie vengono fatti 
prigionieri nella propria casa da un folle che, spinto dall'invidia per la sua vittima, lo costringerà ad uccidere un bambino in cambio della libertà. La tortura che adotta il carnefice consiste nel mozzare un dito, ogni cinque minuti, alla moglie pianista del regista.

Episodio dalle tinte weird, "Cut" mette in scena una storia di per sè banale ma con un taglio talmente grottesco e a tratti quasi comico da risultare assolutamente spiazzante e a suo modo originale. Di grande impatto visivo, la pellicola gode di una regia essenziale e dinamica e di una scenografia talmente imponente e teatrale da creare un malsano senso di alienazione nello spettore. La grande stanza riccamente arredata nella quale si svolge la vicenda, con i suoi pavimenti a scacchi bianchi e neri, richiama suggestioni kubrickiane e diventa essa stessa parte della storia. La vicenda si snoda in un'escalation di pazzia e violenza, con la vittima che si lascia andare ad umiliazioni di ogni genere ed il suo aguzzino che infierisce, totalmente fuori di testa, fino al sorprendente finale. I due protagonisti si confrontano attraverso dialoghi assurdi e siparietti surreali: l'ottima prova attoriale dei due apporta un'importante contributo alla buona riuscita del film. Un mediometraggio che mescola sapientemente sadismo, dramma e follia allo stato puro.

"BOX"- T.Miike
Una giovane scrittrice è ossessionata dal ricordo della sorellina, morta in un incendio. Le due sorelle si esibivano come contorsioniste in un circo ma un giorno Kyoko, accecata dalla gelosia, chiuse la sorella in una scatola che poi prese fuoco. 

Quando si parla di T. Miike le aspettative non possono
che essere elevate. La delusione però in questo caso ha avuto la meglio. Indubbiamente il regista giapponese confeziona un prodotto elegante e 
raffinato, tecnicamente impeccabile ma molto debole nella storia. L'impressione è che Miike si sia eccessivamente concentrato sulle proprie doti tecniche e sui dettagli estetici, perdendo di vista la trama e diluendo davvero troppo la tensione narrativa. Il mediometraggio riprende a piene mani i luoghi comuni delle ghost story tipicamente orientali, con qualche brivido qua e là e tempi dilatati che appesantiscono inutilmente la pellicola. Se da una parte la continua alternanza tra sogno e realtà crea un'atmosfera cupa ed affascinante, dall'altra parte disorienta e confonde lo spettatore. L’episodio forse più visionario del trittico ma a mio giudizio quello meno riuscito.