giovedì 25 settembre 2014

ANGST - G. Kargla, 1983

Uno psicopatico assassino, dopo aver scontato diversi anni di reclusione si ritrova in libertà. Confuso e disorientato inizia a vagare per le strade di una città che non conosce, senza soldi e senza un posto dove andare. Il suo unico pensiero è quello di cercare subito una potenziale vittima per soddisfare gli istinti omicidi mai sopiti. 

Unico lungometraggio del regista e sceneggiatore austriaco che porta sugli schermi la storia di Werner Kniesek, serial killer che negli anni ’70 venne arrestato per l’omicidio di un’anziana signora; poco dopo il suo rilascio venne nuovamente catturato per aver torturato e sterminato un’intera famiglia nella propria abitazione. Kargl si attiene rigorosamente ai fatti realmente accaduti utilizzando un approccio cronachistico dettagliato ed intimista. La peculiarità del film è dovuta alla quasi totale mancanza di dialoghi che lasciano il posto alla voce fuori campo del protagonista. Quest’ultimo, attraverso un distorto e complesso  viaggio introspettivo,
racconta alcuni episodi traumatici della propria vita, a partire dalla difficile situazione familiare vissuta durante l’infanzia, facendo emergere un ritratto psicologico alterato e perverso. La pellicola, uscita anche con i titoli “Fear” e “Schizophrenia”, colpisce per la crudezza con cui dipinge il sadico personaggio, prendendo le distanze dal classico assassino seriale stereotipato ma senza per questo risparmiarci macabre e feroci sequenze. L’idea del serial killer “super eroe” che studia ed inscena un piano impeccabile, camuffando la sua vera indole, viene infatti abbandonata  a beneficio di una rappresentazione terribilmente realistica e per questo impefetta. La prigione, anziché avere un effetto rieducativo, causa all’uomo una vera e propria astinenza,  facendolo piombare in un circolo vizioso che pare essere una bomba ad orologeria. Le atrocità di cui si macchia il carnefice sono rese ancora più folli e quasi surreali dalla discrepanza  che intercorre tra le intenzioni narrate e le azioni effettivamente compiute: non c’è nessun nesso tra il pensiero e la concretezza dell’atto. Così, quando l’assassino architetta l’omicidio perfetto, pianificando con convinzione ogni mossa, lo fa con apparente lucidità e senso di controllo; una padronanza e sicurezza che di fatto non trovano pressoché riscontro nella realtà. Tutto questo a sottolineare la natura schizofrenica del maniaco, che combatte una guerra interiore dalla quale uscirà inesorabilmente sconfitto: l’istinto viscerale e animalesco di soddisfare le proprie fantasie gli farà perdere ogni barlume di razionalità e con esso ogni chance di agire nella maniera più logica possibile. Completamente in balìa dell’impulso irrefrenabile e incontrollabile di uccidere, l’assassino opera con una scompostezza ed una disorganizzazione tali da suscitare quasi una comica tenerezza. Ottima la prova attoriale di Erwin Leder, il quale regge egregiamente sulle proprie spalle un fardello pesantissimo, servendosi unicamente del linguaggio del corpo. 
Nota di merito anche all’impianto registico che sfrutta stilemi poco canonici ma molto artistici, esprimendo alla perfezione il disagio psichico del protagonista: body cam, lunghi piano sequenza ed inquadrature decentrate -realizzate da ogni angolazione possibile- rendono la visione molto più angosciante e verosimile, grazie anche al supporto di una fotografia fredda ed elementare che pone in risalto le squallide ambientazioni  in cui si svolge la vicenda. La morte di altri esseri umani è per l’omicida l’unica ragione di vita, un bisogno fisico e mentale impellente che lo risucchia in un vortice di eccitazione sessuale:  vedere la paura nascere negli occhi delle sue prede è uno stimolo talmente indomabile, essenziale e disperato da anteporsi  anche alla propria salvezza e libertà. "Angst” non è solo un film, è il grido disumano  e drammatico di un animo tormentato e spietato che fa della sofferenza altrui il perno centrale della propria esistenza.

Pubblicato su HorrorMovie