lunedì 28 luglio 2014

THE LIFE AND DEATH OF A PORNO GANG - M. Djordjevic, 2009

Marko è un regista in erba, con tante aspirazioni e una grande passione per l'arte. Dopo essersi scontrato con la cruda realtà del mercato cinematografico serbo, si ritrova a girare film porno di infimo livello. Stanco e sopraffatto dal fallimento, mette su una compagnia popolata da ambigui personaggi, con cui andare in giro per inscenare il “porno-teatro”. Le cose cominceranno a complicarsi quando i nostri, schiacciati dalle disastrose condizioni economiche, accetteranno di filmare snuff movies.

Il cinema serbo non smette di partorire opere controverse capaci di dividere nettamente il pubblico ma anche di suscitare una reazione comune a detrattori ed ammiratori: lo shock. Se Spasojevic aveva raggiunto nel 2010 questo scopo con “A Serbian Film”, non da meno è “The Life and Death of a Porno Gang”, pellicola sconosciuta ai più e mai edita in Italia. I due film hanno in comune l'intento di mostrare, metaforicamente e nel modo più cruento possibile, gli orrori e il disagio di un popolo messo in ginocchio dalla difficile situazione politica e sociale causata dalla guerra.
A Serbian Film, molto curato nella produzione, fa del combo sesso/sangue il suo fulcro, in un contesto folle e violento che mai sacrifica la parte narrativa, pregna di significati purtroppo fraintesi da un pubblico spesso non adatto e preparato a questo genere di visione; “The Life and Death of a Porno Gang” risulta invece essere un film più complesso, che miscela ottimamente dramma e horror, con una predominanza della parte tragica che tocca ogni singolo personaggio. Infatti, non  siamo di fronte ad un prodotto horror nel senso stretto del termine: l'orrore a cui assistiamo è più che altro psicologico e, forse, più difficile da digerire. Attorno al protagonista Marko, che lotta testardamente contro il proprio fallimento professionale, ruotano i componenti della compagnia del “porno teatro”: due omosessuali sieropositivi, due eroinomani con un figlio, un transessuale, un'attrice fallita e una modella cocainomane. La combriccola,  rappresentata in un tristissimo stile pseudo hippy, è accomunata dal senso di rivalsa contro la società, la stessa società che li ha emarginati e li ha condannati ad una vita vuota e miserabile. Da qui nasce l'idea di dar vita ad un nuovo progetto, qualcosa che possa segnare una sorta di rinascita artistica e personale: il gruppo si esibirà in spettacoli porno in presa diretta, spostandosi per i vari paesi della Serbia con un appariscente pulmino, e vivendo alla giornata. Lo squallore e il disagio sono forti e palpabili: a cominciare dal vissuto di ogni personaggio, fino alle umiliazioni che subiranno da parte di alcuni paesani che, dopo aver goduto dello show, penseranno bene di infierire pesantemente colpendo i nostri non solo nel corpo ma anche nella dignità ormai perduta, metafora questa che lascia davvero poco spazio all'immaginazione. La svolta arriverà quando un certo individuo proporrà a Marko di girare snuff movies in cambio di ingenti somme di denaro. Data la
problematica situazione economica, Marko accetterà la proposta, cominciando così un percorso verso l'inferno. E' proprio nella seconda parte del film che assistiamo alle scene più crude e violente: i torturatori sono gli stessi membri della gang mentre gli “attori” appartengono a gente comune che si offre volontaria, chi per espiare un senso di colpa, chi per aiutare la propria famiglia in difficoltà e così via. Le uccisioni, filmate dal cinico ed esaltato (almeno in apparenza) Marko sono cruente ed assolutamente non censurate: non ci viene risparmiato nessun dettaglio e, grazie anche all'ottima prova attoriale ed alle location marce e sudice, il tutto gode di un tocco di realismo tragico e disgustoso allo stesso tempo. Se da una parte i nostri saranno costretti dalle circostanze a cedere al compromesso, dall'altra, pian piano, cominceranno ad avvertire il peso e la gravità della nuova impresa; l'entusiasmo si trasformerà in sconfitta e l'unica via percorribile sarà, ancora una volta, la rinuncia. Amaro quanto azzeccato l'epilogo; i simbolismi si sprecano e non bisogna neanche sforzarsi troppo per leggere tra le righe. La regia, spesso sporcata da riprese traballanti e da una fotografia tutt'altro che patinata, non inficia il risultato finale, e, come già detto, il cast si dimostra all'altezza della prova. Il messaggio del regista è forte e chiaro; i riferimenti politici, sociali e culturali su cui è costruita la storia sono talmente diretti da conferire alla pellicola una pesantezza che disturba e sciocca lo spettatore. Un'opera certamente importante, di difficile assimilazione, estrema nella forma quanto nei contenuti. Ne consiglio la visione ma non se volete passare una serata spensierata e divertente.

Pubblicato su HorrorMovie