giovedì 14 agosto 2014

DON'T FORGIVE - S.Valente, 2014

Un giovane si ritrova imbavagliato ed immobilizzato su una sedia,  con evidenti segni di torture fisiche; insieme a lui una giovane ragazza, anch’essa malconcia e tenuta prigioniera. I due sono tenuti sotto scacco dal loro aguzzino che, armato di fucile, costringerà la donna a compiere un gesto feroce e disperato. Quale sarà il motivo di tanta crudeltà? E soprattutto, la verità è quella che ci appare?

Interessantissimo cortometraggio presentato al Fantafestival di Roma 2014, concepito da alcune delle menti più produttive e competenti dell’horror underground nostrano. Alla regia troviamo l’esordiente Samuele Valente, che aveva già dato prova delle sue capacità tecniche nel corto “Domino”, mentre la sceneggiatura è affidata all’attivissimo Lorenzo Paviano, autore di validi lavori dello stesso filone come Recording (S.Rossi), “My Gift to You” (T.Martella) ed altri. Le efferate sequenze di questi dieci minuti si rifanno direttamente al classico revenge movie: un uomo e una donna sono prigionieri di un individuo che costringerà la fanciulla ad uccidere il suo amico. I titoli di coda ci riveleranno il resto della storia, o meglio, ciò da cui tutto ha avuto origine. Più che sulla violenza fisica il film si concentra sulla violenza psicologica e sui meccanismi primordiali e brutali che trasformano un uomo comune in un sadico torturatore.A sottolineare il concetto è la fotografia, curata da Roberto Ricci, che  rende l’atmosfera plumbea e claustrofobica
nella prima parte del corto, in netto contrasto con i segmenti finali che ci vengono mostrati
attraverso l'espediente narrativo del flashback. Come sempre ben fatti e realistici gli effetti speciali curati in questa occasione da Costanza Boncompagni, mentre nel cast (Fabio Morelli, Pietro Trisciuoglio, Sebastiano Sinni) ritroviamo anche una “vecchia” conoscenza, Lavinia Pini già protagonista dell’ottimo “Recording”. L’auspicio è che questo team di giovani talenti italiani possa trovare la giusta visibilità e l’apprezzamento che merita: sarebbe sicuramente interessante vederli all’opera in un lungometraggio, ma si sa, nel Bel Paese il significato della parola “meritocrazia” è – ahimè – sconosciuto.