venerdì 8 agosto 2014

THE SPIRAL - Joji Iida, 1998

Il professor Takayama, colpito dalla maledizione di Sadako, viene rinvenuto cadavere nel suo appartamento. Ad eseguire l’autopsia sul suo corpo è l’amico Mitsuo Andou che, nel frattempo, sta vivendo il dramma della morte del figlio. Nello stomaco del povero Takayama l’anatomo patologo rinviene un pezzo di carta su cui è inciso un codice da decifrare e, aiutato dall’ex assistente del professore, tenterà disperatamente di ricomporre i pezzi di un puzzle sconcertante.

“Spiral” è uno dei due sequel di “The Ring”, uscito praticamente in contemporanea al primo episodio della saga, composta in tutto da quattro film tra sequel e prequel (“The Ring”, “Spiral”, “The Ring 2”, “Ring 0”), a cui si aggiungono i due remake americani. La storia, tratta dal libro di Koji Suzuka “Rasen”, nonostante cominci dallo stesso punto in cui s’interrompeva il capitolo precedente e riprenda le vicissitudini di alcuni dei personaggi, è in verità abbastanza lontana sia dal romanzo che dall’episodio pilota. La pellicola fu un vero flop al botteghino, tanto che un anno dopo il regista Hideo Nakata, che aveva già diretto “The Ring”, venne incaricato di girare un nuovo ufficiale sequel: “The Ring 2”.
Quest’ultimo si avvaleva di un costrutto narrativo piuttosto ingarbugliato e poco convincente, ma, sotto questo aspetto, “Spiral” lo supera di gran lunga. Le straordinarie capacità psichiche del professor Takayama sono il fulcro sul quale viene costruita una storia dai risvolti fantascientifici, che poco ha a che fare con la ben nota e classica vicenda della videocassetta che uccide. Il compito di decifrare l’assurdo enigma ideato dal defunto professore è affidato al suo vecchio compagno di studi Mitsuo Andou. La costruzione di questo nuovo personaggio lascia un po’ a desiderare: oltre ad avere un profilo psicologico di scarso spessore, il protagonista sembra agire quasi per inerzia, trasportato passivamente dagli avvenimenti inspiegabili che costellano la sua vita. L’attore che lo interpreta inoltre non è particolarmente espressivo né tanto meno carismatico. Se l’indizio che il povero Takayama lascia all’ex collega sembra folle e assolutamente fuori da ogni logica, ancora di più lo è lo scopo per il quale lo strano codice è stato concepito. La famigerata videocassetta assume lentamente un ruolo sempre più marginale per fare spazio ad altri elementi come il diario di Reiko o il virus mortale che si diffonde in un modo che definire bizzarro sarebbe riduttivo. Il rancore di Sadako prende vita attraverso un piano contorto, che non prevede possibilità di fallimento e che coinvolgerà l’intera
umanità
stravolgendo il destino di ogni singolo individuo. L’elemento paranormale passa in secondo piano aprendo la strada all’ingegneria genetica. Dell’atmosfera morbosa e misteriosa che si respirava in “The Ring” non vi è nemmeno l’ombra, tutto si svolge in un clima piatto e impersonale, reso ancora meno coinvolgente dalla totale mancanza di veri momenti di suspance. Il regista, con la scelta di optare per una spiegazione più fantasiosa, dove malattia e resurrezioni la fanno da padroni, snatura completamente il film, ottenendo un pessimo surrogato a metà tra sequel e spin off, che sfocia in un epilogo a dir poco ridicolo. La non linearità della trama rende il tutto ancora più incomprensibile: quando lo spettatore crede di aver finalmente capito, ecco che arriva una nuova inspiegabile situazione a rimescolare le carte; un gioco che alla lunga stanca. Seppure contenga alcuni spunti interessanti, nel complesso non c’è quasi nulla di salvabile in questa pellicola: una visione che si può tralasciare in tutta tranquillità. Da segnalare anche la scarsa qualità dell’immagine del DVD distribuito in Italia dalla Dynit.

Pubblicato su HorrorMovie