giovedì 7 agosto 2014

V/H/S - A. Wingard, D.Bruckner, T.West, G. McQuaid, J. Swanberg, Radio Silence; 2012


Un gruppo di teppisti si reca nell’abitazione di un vecchio signore alla ricerca di una registrazione dal contenuto scottante che farà guadagnare loro tanti soldi. Giunti sul posto si ritroveranno di fronte ad una marea di videocassette che inizieranno pazientemente a  visionare,  ignari delle sconvolgenti immagini registrate su esse.

Nell’era  moderna del mockumentary e del found footage arriva l’ennesimo prodotto che sfrutta le tecniche più abusate e inflazionate degli ultimi anni.  “V/H/S” è un’antologia composta da cinque cortometraggi  indipendenti,  ai quali fa da contorno Tape 56” di Adam Wingard (“You’re Next”), storia piuttosto scarna e caotica ma fondamentale per  lo sviluppo dell’idea che sta alla base del film.  In linea generale, dal punto di vista stilistico, la pellicola non apporta nessun particolare contributo al genere:  è il classico film girato con la telecamera a mano, che compie rocamboleschi movimenti, a volte fin troppo innaturali e inverosimili, ed immagini dalla qualità non sempre buona, anzi a volte pessima.  Il contenuto narrativo merita invece un discorso a parte poiché i vari episodi sono completamente differenti gli uni dagli altri.  
Ad aprire le danze Amateur Night” 
di David Bruckner (“The Signal”; “Talk Show”): ungruppodi amici va in giro per locali a far baldoria e abborda due ragazze, una delle quali si rivela essere una creatura mostruosa. Degni di nota i segmenti finali che mostrano la natura vampiresca della donna, e bella l’idea di riprendere tutto attraverso una piccola videocamera piazzata sugli occhiali di uno dei protagonisti. Dopo un discreto inizio la situazione precipita con il successivo “Second Honeymoon di Ti West (“The House of the Devil”; “The Inkeepers”), a mio avviso il peggiore del lotto: una coppia di fidanzatiregistra la propria vacanza, tutto 
si svolge nella norma fino a quando una misteriosa ragazza comincia ad aggirarsi nei pressi della loro camera d’albergo. Una notte vi farà irruzione svelando lo sconvolgente motivo del suo interesse. Storia di una lentezza e prevedibilità disarmante, con lungaggini inutili ed irritanti: per vedere un po’ di sangue e azione dovremo aspettare l’ultimo minuto, per il resto solo una grande noia. Un passo falso per uno dei registi più promettenti nel panorama horror degli ultimi anni. Glenn McQuaid (“I Sell the Dead”) ci regala con “Tuesday the 17th” un episodio dalle tinte slasher, omaggiando uno dei padri del genere (parlo ovviamente di “Venerdì 13”, come suggerisce apertamente il titolo stesso):
una comitiva di amici si trova in un bosco per una gita e, a un certo punto, attraverso la telecamera riprendono una figura dai contorni sfuocati (un fantasma? un maniaco?) che inizia brutalmente ad uccidere i ragazzi. Niente di eccezionale ma leggermente superiore ai precedenti. Il quarto capitolo è quello che reputo il migliore della serie e risolleva in parte le sorti del film: “The Sick Thing that Happened to Emily when She was Young” di Joe Swanberg, protagonista tra l’altro dell’episodio diretto da Ti West. In questo caso l’espediente del POV è ricreato non 
attraverso la videocamera ma sfruttando la web cam di un computer. La protagonista è collegata via chat con il suo fidanzato e, attraverso il monitor, documenta la presenza di strane ed inquietanti figure che si aggirano nel suo appartamento. Davvero paurosa e tesa l’atmosfera di questa ghost story (ma non solo) che ci regala attimi di suspance e retroscena angoscianti. Infine “10/31/98” diretto dal collettivo Radio Silence (“La Stirpre del Male”): alcuni amici raggiungono una casa convinti di partecipare ad una festa di Halloween. Loro malgrado assisteranno ad un esorcismo e, convinti di fare cosa buona e giusta, libereranno la ragazza posseduta. Sulla scia dell’horror demoniaco questo episodio si attesta su livelli buoni chiudendo degnamente
l’opera.
“V/H/S”, con il suo collage eterogeneo e disordinato, si aggiunge in maniera piuttosto anonima alla lunga lista delle pellicole figlie del più recente  e ormai sdoganato found footage. Molte, troppe idee vengono buttate nel calderone, creando una minestra dagli ingredienti potenzialmente buoni ma che nel complesso non sempre funzionano a dovere. Un minutaggio meno corposo avrebbe forse reso la pellicola più digeribile. Un film che comunque si lascia guardare, senza infamia e senza lode, poco innovativo e originale ma certamente consigliato agli amanti del genere.