giovedì 22 gennaio 2015

CUSTODES BESTIAE - L.Bianchini, 2004

Lo storico Dal Colle, durante alcuni lavori di restauro, rinviene uno strano affresco in una chiesa. Incuriosito, inizia a fare delle ricerche che lo portano indietro nel tempo,  nel XVI secolo, in piena inquisizione.  Al termine delle sue indagini decide di rilasciare un’intervista a Max, un giovane giornalista, per rivelargli l’inquitante verità scoperta, ma prima che possa farlo sparisce misteriosamente. Il ragazzo intraprende così una serie di ricerche per scoprire il segreto custodito dal professore, ignaro del terribile destino a cui andrà in contro.

Vincitore del primo premio al ToHorror Fest del 2004, “Custodes Bestiae” vede la luce grazie ai finanziamenti degli enti locali regionali, tra cui il Centro Espressioni Cinematografiche di Udine, associazione culturale che si propone di produrre e diffondere quanto più possibile opere del territorio nazionale che altrimenti passerebbero inosservate. La pellicola viene
direttamente distribuita per l’home video dalla Ripley’s Film, in un’edizione dalla resa non eccelsa ma ricca di interessanti contenuti speciali (tra cui un’intervista a Dardano Sacchetti).  Lorenzo Bianchini ci regala questa piccola e purtroppo misconosciuta perla, confermandosi uno dei registi più talentuosi degli ultimi anni. Bloccato suo malgrado in un’amatorialità che fa capolino in ogni produzione  che porta la sua firma (eccezion fatta per  l’ultimo “Oltre il Guado”, che risulta assolutamente professionale nella sua artigianalità), l’autodidatta udinese sfrutta al massimo l’irrisorio budget di cui dispone, dando  prova di una competenza tecnica più unica che rara. Artista completo, il giovane friulano, ricopre non solo i panni di regista ma anche quelli di sceneggiatore e montatore di tutti i suoi film, con risultati al di sopra della media.  Forte di uno script estremamente convincente e coinvolgente, “Custodes Bestiae” è un viaggio suggestivo e spaventoso a metà strada tra horror e giallo, con una strizzata d’occhio al gotico medievaleggiante. La storia ci viene proposta attraverso l’alternanza tra passato e presente, sciogliendo lentamente ma con un carico di tensione costantemente elevato i nodi della matassa.  Il tema portante, di per sé molto affascinante, prende ispirazione dalle antiche vicende occulte che vedono tra i protagonisti la setta dei Fraticelli, inquietanti e subdoli personaggi  realmente esistiti  e dediti al culto della Bestia (secondo le credenze popolari, questi compivano riti satanici e sacrifici umani). Particolare attenzione viene riservata al contesto storico, con tutti i rimandi simbolici e figurativi che ne derivano, i quali, sebbene i fatti nello specifico siano parzialmente inventati, risultano sempre ben collocati nella cornice temporale a cui fanno riferimento.  Bianchini ripropone sapientemente alcuni dei meccanismi che caratterizzano il suo percorso filmico, dando all’opera quel tocco personale di cui spesso si sente la mancanza, soprattutto negli horror contemporanei. La pellicola è un manifesto delle più intime paure dell’essere umano, il quale, rapito dal fascino del mistero e dalla curiosità morbosa, intraprende un percorso tortuoso, spiritualmente e materialmente distruttivo. “Custodes Bestiae” è un contenitore di
significati metaforici, che traggono origine non solo da una componente folklorica locale ma anche dall’esoterismo popolare e dalla religione. Da sottolineare la quasi totale assenza di effetti speciali: il cineasta friulano è molto abile a creare un immaginario orrorifico che si spoglia completamente di qualunque tipo di escamotage visivo di facile costruzione, concentrandosi sulla manipolazione emotiva dei suoi personaggi. Buono sotto questo punto di vista il montaggio, spezzato da sinistre e fugaci apparizioni che si perdono in uno scenario suggestivo e “sognante” , perfettamente in grado di enfatizzare la forte componente emozionale e il senso di “irrealtà” che diventa sempre più intenso man mano che ci si avvicina all’epilogo. Dietro ad una storia dinamica ed avvincente si nasconde un’analisi introspettiva  messa in scena attraverso la terrificante e progressiva perdita di uno stato cosciente e psicologicamente sano: l’integrità mentale e fisica va via via sgretolandosi,  fino a che l’annientamento dell’io è concluso e il cerchio narrativo si chiude. Sfortunatamente l’esigua disponibilità economica obbliga il regista ad optare per alcune soluzioni tecniche economiche ma infelici. La pellicola è infatti interamente girata in digitale e ciò penalizza fortemente il comparto fotografico limitandone gli aggiustamenti necessari:  dieci anni fa infatti non era ancora possibile usufruiredegli efficaci strumenti odierni, che avrebbero certamente sopperito a tale mancanza.  Lo stampo da “fiction” è talmente evidente da risultare fastidioso ed assolutamente non consono allo stile e all’atmosfera del film, inevitabilmente compromessa da questo mancato sostegno visivo. Per la recitazione Bianchini si appoggia ad un affiatato e collaudato team di attori non professionisti, alcuni dei quali già protagonisti delle sue precedenti produzioni: prova attoriale che lascia un po’ a desiderare ma che nel complesso non inficia più di tanto il risultato finale. La presenza di alcuni dialoghi in dialetto friulano sottolineano -ancora una volta- l’attaccamento del regista alle proprie radici, così come la scelta delle bellissime location, veri e propri monumenti nonché simboli della cultura locale.  Azzeccata anche la colonna sonora, una sorta di sacra liturgia musicale in perfetta armonia con il clima generale del film. “Custodes Bestiae” è in definitiva un prodotto più che valido, un ottimo esempio di come l’autoproduzione sia non necessariamente un limite e di come, al contrario, pellicole che vantano budget stellari siano spesso deludenti e trascurabili. Un plauso a Lorenzo Bianchini che con il suo talento e la sua genuina passione ci rende orgogliosi di essere italiani, e di questi tempi è cosa assai rara.