Milos è un ex porno divo che, in difficoltà economica,
accetta la proposta di uno strano ed esaltato regista che gli offre un compenso
elevatissimo per partecipare ad un progetto misterioso. Tenuto all’oscuro di
tutto e drogato a sua insaputa, Milos viene costretto a girare delle scene
snuff nei panni del carnefice. La situazione gli sfuggirà di mano e, in un
tripudio di sangue e follia, Milos farà di tutto per mettere in salvo la sua
famiglia.
Premessa: sarebbe davvero fantastico se le persone interessate alla visione di “A
Serbian Film” potessero essere prima sottoposte ad un test d’idoneità. Perché esistono film che non sono per tutti, e
questo è uno di quelli. Approcciarsi ad
una pellicola di questo genere pieni di
preconcetti e sentenze morali ve la farà senza dubbio odiare, o peggio,
scuoterà pericolosamente le vostre coscenze facendovi sentire sporchi e
peccaminosi. Sembra paradossale ma, ahimè, sono molte le persone animate da
ignoranza (cinematografrica e culturale) che confondono il cinema con la
realtà, che concepiscono ed invocano la censura, nelle immagini e nei
contenuti, in un genere che al contrario
ben si presta a sdoganare tabù senza doversi curare troppo dell’aspetto etico. “A Serbian Film” è stato purtroppo spesso bersaglio di critiche superficiali, espresse da persone evidentemente non preparare ad una visione così pesante e di difficile assimilazione. Dal canto mio, credo sia la pellicola più malata, perversa e dannatamente riuscita che abbia visto negli ultimi anni. Un capolavoro dell’exploitation, duro, intransigente e politicamente scorretto che ha fatto storcere il naso ai più deboli di mente, oltre che di stomaco. Le giustificazioni di Srđan Spasojević, secondo il quale il film sarebbe una metafora della disastrata situazione socio-politica della Serbia, messa in ginocchio da anni di guerre ed angherie governative, suscitano scetticismo e sono sinonimo di una difesa preventiva che, a mio modo di vedere, non ha motivo di esistere, e che lascia il tempo che trova. Tralasciando le motivazioni vere o presunte del regista, “A Serbian Film” è
un lavoro completo sotto tutti i punti di vista, che sfrutta appieno ogni potenzialità, nella consapevolezza di dividere il pubblico e incappare nel facile fraintendimento da parte dell’appassionato dell’ultimo minuto. Estremamente curato nei dettagli, il film vomita tutta la sua violenza senza porsi limiti: stupro, incesto e sevizie di ogni genere costellano la pellicola dal primo all’ultimo secondo, risultando molto realistici grazie all’ausilio di effetti speciali ottimamente realizzati (a parte il fallo di gomma!). Un fiume in piena di nefandezze ma sempre inserite in un contesto narrativo ben preciso e funzionali alla trama, la quale – a differenza di ciò che qualche critico sprovveduto potrebbe pensare – non è assolutamente un pretesto e nemmeno una mera trovata per varcare i limiti dell’orrido, bensì una struttura fondamentale e significativa che consente al film di distinguersi dalle numerose pellicole dello stesso genere, dove la violenza fine a sé stessa regna sovrana. Era necessario spingersi così oltre? Si, nella maniera più assoluta. Non si tratta del solito torture-porn; dramma e tragedia si fondono insieme stimolando i meccanismi perversi dei sentimenti insiti nella natura stessa dell’uomo, manipolati in questo caso dal fascino dei soldi e del potere: disperazione, cinismo, amore, vendetta, gelosia, sono solo alcuni degli ingredienti del film. Forte e predominante l’elemento sessuale, non certamente concepito come fonte di eccitazione bensì come espressione massima di un disagio psicologico crescente e quasi palpapible, al punto tale da risultare insostenibile ancor più delle torture fisiche. Un trionfo di aberrazioni che sguazzano in un’atmosfera corrotta e degenerata; come se non bastasse i ritmi costantemente sostenuti non concedono un attimo di tregua: eccellente, da questo punto di vista, lo script, fluido, efficace e convincente. Ogni singola inquadratura è supportata da una fotografia di grande impatto visivo, che utilizza sapientemente le luci e i contrasti, capace di esaltare il marciume seppur avvolto in una patina di elegante perfezione. “A Serbian Film” è un concentrato di bestialità pornografica che mette a dura prova anche i nervi dello spettatore più avvezzo: difficile rimanere impassibili di fronte a scene che coinvolgono bambini, alcune delle quali volutamente esagerate, tanto da risultare poco credibili (e se vogliamo superflue), altre invece troppo vicinealla realtà quotidiana. Questa è probabilmente la scelta più scioccante e discussa del film poiché l’empatia e la suggestione prendono il sopravvento facendoti scordare che stai solo guardando un film e stuzzicando una certa forma di voyeurismo sadico. Al termine della visione sono tante le sensazioni che affiorano: tra l’angoscia, il disgusto e lo sgomento c’è anche spazio per qualche amara riflessione sociale. Un’opera decisamente controversa ma che appunto resta un’opera d’arte, e come tale può incontrare i gusti di alcuni e non di altri, come è normale che sia, soprattutto quando si usa un linguaggio cinematografico così forte ed esplicito. Un prodotto tecnicamente ineccepibile: dalla regia, al montaggio, alla sceneggiatura, alla recitazione, caratteristiche tecniche che spesso e ingiustamente passano in secondo piano. Lo consiglio? No. Dovrei conoscervi uno per uno per capire se il film fa al caso vostro. Considerato osceno, immondizia, e addirittura etichettato come pedopornografico, a mio giudizio è semplicemente uno dei migliori film “horror” degli ultimi anni.
ben si presta a sdoganare tabù senza doversi curare troppo dell’aspetto etico. “A Serbian Film” è stato purtroppo spesso bersaglio di critiche superficiali, espresse da persone evidentemente non preparare ad una visione così pesante e di difficile assimilazione. Dal canto mio, credo sia la pellicola più malata, perversa e dannatamente riuscita che abbia visto negli ultimi anni. Un capolavoro dell’exploitation, duro, intransigente e politicamente scorretto che ha fatto storcere il naso ai più deboli di mente, oltre che di stomaco. Le giustificazioni di Srđan Spasojević, secondo il quale il film sarebbe una metafora della disastrata situazione socio-politica della Serbia, messa in ginocchio da anni di guerre ed angherie governative, suscitano scetticismo e sono sinonimo di una difesa preventiva che, a mio modo di vedere, non ha motivo di esistere, e che lascia il tempo che trova. Tralasciando le motivazioni vere o presunte del regista, “A Serbian Film” è
un lavoro completo sotto tutti i punti di vista, che sfrutta appieno ogni potenzialità, nella consapevolezza di dividere il pubblico e incappare nel facile fraintendimento da parte dell’appassionato dell’ultimo minuto. Estremamente curato nei dettagli, il film vomita tutta la sua violenza senza porsi limiti: stupro, incesto e sevizie di ogni genere costellano la pellicola dal primo all’ultimo secondo, risultando molto realistici grazie all’ausilio di effetti speciali ottimamente realizzati (a parte il fallo di gomma!). Un fiume in piena di nefandezze ma sempre inserite in un contesto narrativo ben preciso e funzionali alla trama, la quale – a differenza di ciò che qualche critico sprovveduto potrebbe pensare – non è assolutamente un pretesto e nemmeno una mera trovata per varcare i limiti dell’orrido, bensì una struttura fondamentale e significativa che consente al film di distinguersi dalle numerose pellicole dello stesso genere, dove la violenza fine a sé stessa regna sovrana. Era necessario spingersi così oltre? Si, nella maniera più assoluta. Non si tratta del solito torture-porn; dramma e tragedia si fondono insieme stimolando i meccanismi perversi dei sentimenti insiti nella natura stessa dell’uomo, manipolati in questo caso dal fascino dei soldi e del potere: disperazione, cinismo, amore, vendetta, gelosia, sono solo alcuni degli ingredienti del film. Forte e predominante l’elemento sessuale, non certamente concepito come fonte di eccitazione bensì come espressione massima di un disagio psicologico crescente e quasi palpapible, al punto tale da risultare insostenibile ancor più delle torture fisiche. Un trionfo di aberrazioni che sguazzano in un’atmosfera corrotta e degenerata; come se non bastasse i ritmi costantemente sostenuti non concedono un attimo di tregua: eccellente, da questo punto di vista, lo script, fluido, efficace e convincente. Ogni singola inquadratura è supportata da una fotografia di grande impatto visivo, che utilizza sapientemente le luci e i contrasti, capace di esaltare il marciume seppur avvolto in una patina di elegante perfezione. “A Serbian Film” è un concentrato di bestialità pornografica che mette a dura prova anche i nervi dello spettatore più avvezzo: difficile rimanere impassibili di fronte a scene che coinvolgono bambini, alcune delle quali volutamente esagerate, tanto da risultare poco credibili (e se vogliamo superflue), altre invece troppo vicinealla realtà quotidiana. Questa è probabilmente la scelta più scioccante e discussa del film poiché l’empatia e la suggestione prendono il sopravvento facendoti scordare che stai solo guardando un film e stuzzicando una certa forma di voyeurismo sadico. Al termine della visione sono tante le sensazioni che affiorano: tra l’angoscia, il disgusto e lo sgomento c’è anche spazio per qualche amara riflessione sociale. Un’opera decisamente controversa ma che appunto resta un’opera d’arte, e come tale può incontrare i gusti di alcuni e non di altri, come è normale che sia, soprattutto quando si usa un linguaggio cinematografico così forte ed esplicito. Un prodotto tecnicamente ineccepibile: dalla regia, al montaggio, alla sceneggiatura, alla recitazione, caratteristiche tecniche che spesso e ingiustamente passano in secondo piano. Lo consiglio? No. Dovrei conoscervi uno per uno per capire se il film fa al caso vostro. Considerato osceno, immondizia, e addirittura etichettato come pedopornografico, a mio giudizio è semplicemente uno dei migliori film “horror” degli ultimi anni.