Lena è una ragazza polacca che lavora come donna delle pulizie nell'aeroporto londinese di Heathrow. Una sera la giovane perde l'autobus per tornare a casa e, vista l'ora tarda, accetta l'ospitalità di Birdie ed Elbie, fratello e sorella che vivono nei pressi dell'aeroporto nonché colleghi di Lena. Ad attenderla troverà una folle famiglia che la “adotterà” sottoponendola a terribili torture.
Esordio alla regia per l'inglese S. Sheil che, con un budget piuttosto limitato e un ristretto periodo di tempo a disposizione (appena due settimane), riesce a confezionare una delle migliori opere figlie del moderno torture porn. “Mum & Dad” appartiene più precisamente al filone delle “famiglie assassine”, il cui capostipite “Non Aprite Quella Porta” (1974) ha ispirato moltissime pellicole dello stesso genere negli anni successivi fino ai giorni nostri. Se Leatherface impersonificava l'orrore attraverso la sua mostruosa natura fisica, in “Mum&Dad” ciò che colpisce è la lucida follia dei personaggi, che conferisce un piglio decisamente più realistico e verosimile alla rappresentazione. La tortura sullo schermo non è certo cosa nuova ma se nella maggior parte dei casi viene utilizzata come sterile mezzo per sfogare la propria natura violenta, questa volta assume una funzione vera e propria: l'educazione dei figli.
L'insana ma sempre presente devozione dei genitori verso le proprie creature li porta a compiere atti cruenti che ai loro occhi appaiono giustificati dal sentimento d'amore ed affetto (deviato) che provano l'uno verso l'altro e nei confronti della propria prole. Nonostante la struttura narrativa sia colma di luoghi comuni, risultando prevedibile e poco innovativa, è nella forma che il film gioca le sue carte vincenti. In una realtà completamente distorta, lontano da occhi indiscreti e dalla più normale quotidianità, la famiglia mette in scena una serie di teatrini estremi e talvolta grotteschi: dal padre che si masturba con un pezzo non meglio identificato di carne umana, alle frattaglie che fanno capolino in cucina tra una tazza di latte e una brioche, al tronco umano appeso a mo' di Cristo nel giorno di Natale. Il tutto in un'atmosfera surreale resa ancora più orrorifica da una fotografia vivace e pulita in forte contrasto con l'atipicità di tali situazioni. Colori freddi e bui caratterizzano invece il garage, adibito a camera delle torture dal patriarca, un omone grassoccio e viscidoche causa ribrezzo alla sola vista. La caratterizzazione dei personaggi e la prova attoriale sono ottime e contribuiscono di certo alla buona riuscita del film. L'esordiente Sheil cede talvolta alla tentazione dell'exploitation fine a sé stessa, con degli inserti di violenza gratuita poco funzionali alla trama (i “buoni” propositi di mamma e papà talvolta vanno a farsi benedire), che appensantiscono e rendono ancora più disturbante il clima di orrore che aleggia nel film. Se siete facilmente impressionabili ve ne sconsiglio la visione: ogni macabro particolare è infatti inquadrato con perizia dall'occhio della telecamera. Agli estimatori del genere consiglio invece caldamente di recuperare questo piccolo gioiello, anche se si dovranno accontentare della versione sottotitolata in italiano. Non il più violento in circolazione ma di certo uno dei più validi degli ultimi anni.
L'insana ma sempre presente devozione dei genitori verso le proprie creature li porta a compiere atti cruenti che ai loro occhi appaiono giustificati dal sentimento d'amore ed affetto (deviato) che provano l'uno verso l'altro e nei confronti della propria prole. Nonostante la struttura narrativa sia colma di luoghi comuni, risultando prevedibile e poco innovativa, è nella forma che il film gioca le sue carte vincenti. In una realtà completamente distorta, lontano da occhi indiscreti e dalla più normale quotidianità, la famiglia mette in scena una serie di teatrini estremi e talvolta grotteschi: dal padre che si masturba con un pezzo non meglio identificato di carne umana, alle frattaglie che fanno capolino in cucina tra una tazza di latte e una brioche, al tronco umano appeso a mo' di Cristo nel giorno di Natale. Il tutto in un'atmosfera surreale resa ancora più orrorifica da una fotografia vivace e pulita in forte contrasto con l'atipicità di tali situazioni. Colori freddi e bui caratterizzano invece il garage, adibito a camera delle torture dal patriarca, un omone grassoccio e viscidoche causa ribrezzo alla sola vista. La caratterizzazione dei personaggi e la prova attoriale sono ottime e contribuiscono di certo alla buona riuscita del film. L'esordiente Sheil cede talvolta alla tentazione dell'exploitation fine a sé stessa, con degli inserti di violenza gratuita poco funzionali alla trama (i “buoni” propositi di mamma e papà talvolta vanno a farsi benedire), che appensantiscono e rendono ancora più disturbante il clima di orrore che aleggia nel film. Se siete facilmente impressionabili ve ne sconsiglio la visione: ogni macabro particolare è infatti inquadrato con perizia dall'occhio della telecamera. Agli estimatori del genere consiglio invece caldamente di recuperare questo piccolo gioiello, anche se si dovranno accontentare della versione sottotitolata in italiano. Non il più violento in circolazione ma di certo uno dei più validi degli ultimi anni.
Pubblicato su HorrorMovie