In un ospedale messo in ginocchio dalla mancanza di farmaci e di personale, il caos regna sovrano. Un paziente che versa in gravi condizioni muore a causa della negligenza di uno dei pochi medici rimasti nella struttura. Per evitare problemi giudiziari, i responsabili del misfatto decidono di occultare l'accaduto, in attesa di una soluzione migliore. Come se non bastasse una barella viene abbandonata nell'atrio del pronto soccorso: trasporta un paziente affetto da una misteriosa malattia virale, che provoca il dissolvimento degli organi e dei tessuti. L'infezione comincerà a dilagare e sarà l'inizio di un incubo.
Si chiama “J Horror Theatre” l'antologia prodotta da Taka Ichise, che ha pensato bene di raggruppare sei opere partorite da alcuni dei più talentuosi registi horror nipponici in un unico progetto che comprende, oltre a “Infection”, i seguenti film: “Premonition”, “Reincarnation”,“Retribition”, “Kaidan” e “Kyôfu”. Ad aprire le danze è per l'appunto “Infection” (“Kansen” il titolo originale), pellicola ospedaliera dalle forti tinte weird che riesce nell'intento di discostarsi dal clichè tipico degli horror giapponesi “fantasma dai lunghi capelli neri assetato di vendetta”. Ciò che colpisce immediatamente è l'ambientazione folle e stramba: l'unica location del film è infatti un ospedale spoglio e fatiscente, popolato da bizzarri pazienti che si aggirano per i corridoi come degli spettri.
La pellicola è costruita su una base narrativa controrta e intricata e la vicenda prenderà una piega sinistra ed inspiegabile nei momenti successivi alla morte di un paziente completamente ustionato e misteriosamente caduto dal letto. Il vero incubo, però, è preannunciato da una barella lasciata dall'ambulanza nell'atrio del pronto soccorso, che trasporta un individuo il cui corpo si sta letteralmente liquefando in una viscida poltiglia verde. Sconvolti, i medici vengono convinti da un collega ad accettare il malato ed analizzare il caso. Contravvenire all'etica professionale per il proprio tornaconto, provocando e occultando il decesso di un paziente, avrà delle ripercussioni inimmaginabili su un medico, ed i sensi di colpa cominceranno a divorarlo dall'interno, esattamente come il virus misterioso. Degna di nota la prova attoriale del cast nonchè la caratterizzazione dei personaggi, fondamentale per lo sviluppo della storia: il dottore cinico, l'infermiera alle prime armi, la capo sala onesta, la vecchia paziente fuori di testa che parla con gli specchi e così via. In un'atmosfera surreale e claustrofobica, il morbo inizia in qualche modo a dilagare, insinuandosi nella mente dei presenti e alterando irreversibilmente il loro stato psico-fisico: non rispondendo più delle proprie azioni gli “infetti” cominciano a compiere atti di violenza contro sè stessi e contro gli altri. Ma il macabro spettacolo a cui assistono i superstiti è reale o è frutto di un'allucinazione? Infatti diversi eventi criptici ed apparentemente incomprensibili ci fanno spesso dubitare, ma nonostante il marasma generale ed i numerosi punti di domanda, la pellicola scorre via piacevolmente e riesce a carpire in pieno l'attenzione dello spettatore, sempre più
coinvolto nel vortice di caos e delirio. Ben realizzate anche le scene più sanguinose dove, ovviamente, il colore predominante non è il rosso ma il verde. In un crescendo di follia allo stato puro, tra blob verdi e pseudo fantasmi impazziti, si arriva all'inaspettato epilogo che ci offre un'esaustiva e sconvolgente chiave di lettura, senza però sciogliere del tutto i nodi. Un mix ottimamente realizzato tra ghost story ed horror ospedaliero alla “The Kingdom”, dove il fulcro è uno solo: la mente umana e i suoi misteri, l'effetto dei sensi di colpa sulla salute mentale, la difficoltà nel trattare un malato terminale e la consapevolezza di una scelta che non per tutti sarà la più giusta. Una pellicola assolutamente consigliata agli appassionati del weird con gli occhi a mandorla ma anche a chi ha voglia di godersi uno spettacolo made in Japan un po' diverso dal solito.
La pellicola è costruita su una base narrativa controrta e intricata e la vicenda prenderà una piega sinistra ed inspiegabile nei momenti successivi alla morte di un paziente completamente ustionato e misteriosamente caduto dal letto. Il vero incubo, però, è preannunciato da una barella lasciata dall'ambulanza nell'atrio del pronto soccorso, che trasporta un individuo il cui corpo si sta letteralmente liquefando in una viscida poltiglia verde. Sconvolti, i medici vengono convinti da un collega ad accettare il malato ed analizzare il caso. Contravvenire all'etica professionale per il proprio tornaconto, provocando e occultando il decesso di un paziente, avrà delle ripercussioni inimmaginabili su un medico, ed i sensi di colpa cominceranno a divorarlo dall'interno, esattamente come il virus misterioso. Degna di nota la prova attoriale del cast nonchè la caratterizzazione dei personaggi, fondamentale per lo sviluppo della storia: il dottore cinico, l'infermiera alle prime armi, la capo sala onesta, la vecchia paziente fuori di testa che parla con gli specchi e così via. In un'atmosfera surreale e claustrofobica, il morbo inizia in qualche modo a dilagare, insinuandosi nella mente dei presenti e alterando irreversibilmente il loro stato psico-fisico: non rispondendo più delle proprie azioni gli “infetti” cominciano a compiere atti di violenza contro sè stessi e contro gli altri. Ma il macabro spettacolo a cui assistono i superstiti è reale o è frutto di un'allucinazione? Infatti diversi eventi criptici ed apparentemente incomprensibili ci fanno spesso dubitare, ma nonostante il marasma generale ed i numerosi punti di domanda, la pellicola scorre via piacevolmente e riesce a carpire in pieno l'attenzione dello spettatore, sempre più
coinvolto nel vortice di caos e delirio. Ben realizzate anche le scene più sanguinose dove, ovviamente, il colore predominante non è il rosso ma il verde. In un crescendo di follia allo stato puro, tra blob verdi e pseudo fantasmi impazziti, si arriva all'inaspettato epilogo che ci offre un'esaustiva e sconvolgente chiave di lettura, senza però sciogliere del tutto i nodi. Un mix ottimamente realizzato tra ghost story ed horror ospedaliero alla “The Kingdom”, dove il fulcro è uno solo: la mente umana e i suoi misteri, l'effetto dei sensi di colpa sulla salute mentale, la difficoltà nel trattare un malato terminale e la consapevolezza di una scelta che non per tutti sarà la più giusta. Una pellicola assolutamente consigliata agli appassionati del weird con gli occhi a mandorla ma anche a chi ha voglia di godersi uno spettacolo made in Japan un po' diverso dal solito.
Pubblicato su HorrorMovie