Una tranquilla cittadina viene
colpita da una strana maledizione legata al simbolo della spirale. Gli
abitanti, ossessionati dalla misteriosa raffigurazione, saranno in balìa della
follia e andranno incontro ad atroci ed inspiegabili morti.
J-Horror sconosciuto ai più che
prende la distanze dai classici film orientali incentrati sul tema del
paranormale, per abbracciare il filone weird dalla tinte orrorifiche. Il
Giappone, si sa, quando ci propina opere del genere, lo fa in tutta la sua
geniale stranezza, dando vita talvolta a prodotti contorti e spesso incomprensibili.
Non è il caso di “Uzumaki”: l’aspetto weird del film è riscontrabile nella
forma quanto nella sostanza, mantenendo così quell’equilibrio fondamentale che
rende la storia logica nella sua essenziale illogicità di fondo. La pellicola è liberamente ispirata
all’omonimo manga di Junji Ito e, poiché è stata girata prima che la serie di
fumetti fosse conclusa, ha un epilogo diverso.
Il titolo, che tradotto significa “vortice”, non poteva essere più
esplicativo: la spirale, antico simbolo
esoterico pregno di significati oscuri e misteriosi, annulla la volontà umana e
cattura ogni barlume di lucidità, contagiando in maniera ossessiva ed
incontrollabile tutti gli abitanti del paese.
Anche la giovane protagonista,
seppur di riflesso, subirà il fascino maledetto della spirale, e vivrà tutta una
serie di situazioni assurde da cui sarà impossibile uscire mantenendo integra
la sanità mentale. Gli eventi si succedono in modo burrascoso, in uno scenario surreale, inquietante e
catastrofico, fino a sfociare in un “vortice”
di pura e terrificante follia. Ambizioso
e brillantemente riuscito l’intento del regista di realizzare una trasposizione
cinematografica del manga quanto più fedele possibile. La fotografia fumettistica, infatti, si impone
pesantemente, con i suoi colori che viranoal verdognolo, ricreando un’atmosfera visionaria e bizzarra. Bizzarri sono anche i modi in cui la spirale si manifesta: nelle nuvole
del cielo, nella ciotola della minestra, nei capelli che si arricciano, nelle
persone che si contorcono e così via. Higuchinsky gioca molto su questo aspetto,
inserendo più di una scena dove solo lo spettatore più attento sarà in grado di
cogliere l’affascinante simbolo, che, man mano che i minuti scorrono, prenderà
sempre più il sopravvento. Un’opera criptica, psichedelica ed inquietante al punto giusto, consigliata a chi ha
voglia di vedere qualcosa di diverso e particolare. Effetti collaterali: dopo la visione è
probabile che vedrete spirali dappertutto!