Terzo ed ultimo capitolo della saga ideata da Brad Miska, ora
disponibile in italiano in un bel cofanetto dvd e blu-ray edito dalla Midnight
Factory, che include anche “V/H/S” e “V/H/S 2”.
L’evoluzione della saga ha seguito un percorso stilistico che l’ha
portata ad allontanarsi sempre più dal concept iniziale (che prevedeva la
coincidenza tra forma e sostanza) e dall’atmosfera decadente e sporca che
caratterizzava i primi due episodi. “V/H/S: VIRAL” è infatti un prodotto di più
ampio respiro, che esaspera ulteriormente lo scenario catastrofico del suo
predecessore, avvalendosi però di un linguaggio cinematografico più canonico. Ad incorniciare i tre episodi che compongono
quest’ultimo segmento della trilogia è “Vicious
Circle” di Marcel Sarmiento: la polizia insegue un misterioso furgoncino e la
gente, presa da una strana follia, si riversa nelle strade per filmare con
i cellulari quanto sta accadendo, nella speranza che il video, postato in rete, diventi virale; tra di essi un ragazzo, la cui fidanzata si viene inspiegabilmente a trovare a bordo del veicolo. Viene perciò completamente abbandonata la tecnica del found footage, che invece rappresentava l’elemento fondante di “Tape 56” e “Tape 49”, nei quali i protagonisti visionavano le vhs da cui scaturivano le singole storie. “Vicious Circle” è quindi solo formalmente un episodio di raccordo, che si risolve in una storia spezzettata, caotica nella messa in scena e narrativamente poco fluida. Ma il messaggio arriva forte e chiaro: ogni individuo sente il bisogno irrefrenabile di documentare ciò che accade attorno a lui, allo scopo di entrare a far parte di “qualcosa di più grande” e, come una malattia contagiosa, il fenomeno si propaga in tutta la comunità. Il primo episodio vero e proprio è “Dante The Great” di Gregg Bishop: un aspirante mago entra in possesso di un mantello dagli strani poteri, grazie al quale si potrà esibire in spettacoli incredibili; ma l’indumento richiede un costante tributo di sangue. Il segmento, di stampo quasi televisivo, è gradevole ma non particolarmente coinvolgente e, benché sfrutti ancora in parte l’espediente del materiale documentaristico ritrovato, è caratterizzato da un montaggio e da tecniche di ripresa tradizionali. Per fortuna Bishop rinuncia quasi completamente alla CGI e sfrutta al massimo il limitato budget a disposizione, realizzando effetti speciali caserecci ma ben riusciti. A seguire “Parallel Monters” di Nacho Vigalondo: un uomo costruisce un portale spazio temporale che gli consente di entrare in contatto con sé stesso in una realtà parallela ma ciò che lo attende è un mondo solo apparentemente simile al suo. Pregno di un’atmosfera inquietante, Parallel Monsters” sembra uscito dalla serie
“Ai confini della realtà” o da qualche raccolta di racconti di R. Matheson ed è sicuramente l’episodio migliore del lotto. La storia è semplice ma decisamente accattivante e strizza l’occhio al cinema di fantascienza più classico. Anche in questo caso nessuna videocassetta ritrovata: il regista spagnolo predilige infatti un sobrio POV per condurci in un universo normale per chi lo abita ma strano e pericoloso per chi proviene dall’altra parte. E lo fa creando una suspance crescente che culmina in un epilogo delirante. In ultimo “Bonestorm” di Justin Benson: alcuni appassionati di skateboard si recano in Messico per filmare le loro acrobazie, durante la celebrazione del Dia de Muertos; avranno a che fare con morti viventi e creature infernali. In questo segmento conclusivo la tecnica del POV viene esasperata grazie alle telecamere montate sui caschetti degli skateboarders: in tal modo lo spettatore vive in prima persona non solo le spericolate evoluzioni fatte con la tavola ma anche gli inseguimenti ed i combattimenti tra i ragazzi e gli zombie. Spunti formali interessanti ma abbastanza confusionari. Un quarto episodio, “Gorgeus Vortex” diretto da Todd Lincoln, avrebbe dovuto far parte dell’antologia ma la scelta è stata quella di scorporarlo (il corto è disponibile tra i contenuti extra dell’edizione dvd). Non è comunque una grande perdita dal momento che il segmento in questione, pur esteticamente elegante e curato, è totalmente onirico o più semplicemente incomprensibile. In conclusione, questo terzo capitolo più che aggiungere qualcosa alla saga, lo toglie: accantonata l’idea originaria, “V/H/S: VIRAL” assume i tratti di un film tradizionale in cui manca l’elemento di culto che forniva un’identità ben precisa ai precedenti capitoli: la videocassetta, un feticcio quasi “sacro”, fonte di mistero e curiosità morbosa. Comunque una visione la merita.
i cellulari quanto sta accadendo, nella speranza che il video, postato in rete, diventi virale; tra di essi un ragazzo, la cui fidanzata si viene inspiegabilmente a trovare a bordo del veicolo. Viene perciò completamente abbandonata la tecnica del found footage, che invece rappresentava l’elemento fondante di “Tape 56” e “Tape 49”, nei quali i protagonisti visionavano le vhs da cui scaturivano le singole storie. “Vicious Circle” è quindi solo formalmente un episodio di raccordo, che si risolve in una storia spezzettata, caotica nella messa in scena e narrativamente poco fluida. Ma il messaggio arriva forte e chiaro: ogni individuo sente il bisogno irrefrenabile di documentare ciò che accade attorno a lui, allo scopo di entrare a far parte di “qualcosa di più grande” e, come una malattia contagiosa, il fenomeno si propaga in tutta la comunità. Il primo episodio vero e proprio è “Dante The Great” di Gregg Bishop: un aspirante mago entra in possesso di un mantello dagli strani poteri, grazie al quale si potrà esibire in spettacoli incredibili; ma l’indumento richiede un costante tributo di sangue. Il segmento, di stampo quasi televisivo, è gradevole ma non particolarmente coinvolgente e, benché sfrutti ancora in parte l’espediente del materiale documentaristico ritrovato, è caratterizzato da un montaggio e da tecniche di ripresa tradizionali. Per fortuna Bishop rinuncia quasi completamente alla CGI e sfrutta al massimo il limitato budget a disposizione, realizzando effetti speciali caserecci ma ben riusciti. A seguire “Parallel Monters” di Nacho Vigalondo: un uomo costruisce un portale spazio temporale che gli consente di entrare in contatto con sé stesso in una realtà parallela ma ciò che lo attende è un mondo solo apparentemente simile al suo. Pregno di un’atmosfera inquietante, Parallel Monsters” sembra uscito dalla serie
“Ai confini della realtà” o da qualche raccolta di racconti di R. Matheson ed è sicuramente l’episodio migliore del lotto. La storia è semplice ma decisamente accattivante e strizza l’occhio al cinema di fantascienza più classico. Anche in questo caso nessuna videocassetta ritrovata: il regista spagnolo predilige infatti un sobrio POV per condurci in un universo normale per chi lo abita ma strano e pericoloso per chi proviene dall’altra parte. E lo fa creando una suspance crescente che culmina in un epilogo delirante. In ultimo “Bonestorm” di Justin Benson: alcuni appassionati di skateboard si recano in Messico per filmare le loro acrobazie, durante la celebrazione del Dia de Muertos; avranno a che fare con morti viventi e creature infernali. In questo segmento conclusivo la tecnica del POV viene esasperata grazie alle telecamere montate sui caschetti degli skateboarders: in tal modo lo spettatore vive in prima persona non solo le spericolate evoluzioni fatte con la tavola ma anche gli inseguimenti ed i combattimenti tra i ragazzi e gli zombie. Spunti formali interessanti ma abbastanza confusionari. Un quarto episodio, “Gorgeus Vortex” diretto da Todd Lincoln, avrebbe dovuto far parte dell’antologia ma la scelta è stata quella di scorporarlo (il corto è disponibile tra i contenuti extra dell’edizione dvd). Non è comunque una grande perdita dal momento che il segmento in questione, pur esteticamente elegante e curato, è totalmente onirico o più semplicemente incomprensibile. In conclusione, questo terzo capitolo più che aggiungere qualcosa alla saga, lo toglie: accantonata l’idea originaria, “V/H/S: VIRAL” assume i tratti di un film tradizionale in cui manca l’elemento di culto che forniva un’identità ben precisa ai precedenti capitoli: la videocassetta, un feticcio quasi “sacro”, fonte di mistero e curiosità morbosa. Comunque una visione la merita.