Un giovane si ritrova imbavagliato ed immobilizzato su una
sedia, con evidenti segni di torture
fisiche; insieme a lui una giovane ragazza, anch’essa malconcia e tenuta
prigioniera. I due sono tenuti sotto scacco dal loro aguzzino che, armato di
fucile, costringerà la donna a compiere un gesto feroce e disperato. Quale sarà
il motivo di tanta crudeltà? E soprattutto, la verità è quella che ci appare?
Interessantissimo cortometraggio
presentato al Fantafestival di Roma 2014, concepito da alcune delle menti più
produttive e competenti dell’horror underground nostrano. Alla regia troviamo
l’esordiente Samuele Valente, che aveva già dato prova delle sue capacità tecniche
nel corto “Domino”, mentre la sceneggiatura è affidata all’attivissimo Lorenzo
Paviano, autore di validi lavori dello stesso filone come “Recording”
(S.Rossi), “My Gift to You” (T.Martella) ed altri. Le efferate sequenze di questi dieci minuti si rifanno direttamente al classico revenge movie: un uomo e una donna sono prigionieri di un individuo che costringerà la
fanciulla ad uccidere il suo amico. I titoli di coda ci riveleranno il resto
della storia, o meglio, ciò da cui tutto ha avuto origine. Più che sulla
violenza fisica il film si concentra sulla violenza psicologica e sui
meccanismi primordiali e brutali che trasformano un uomo comune in un sadico
torturatore.A sottolineare il concetto è la fotografia, curata da Roberto
Ricci, che rende l’atmosfera plumbea e claustrofobica
nella prima parte del
corto, in netto contrasto con i segmenti finali che ci vengono mostrati
attraverso l'espediente narrativo del flashback. Come sempre ben fatti e
realistici gli effetti speciali curati in questa occasione da Costanza
Boncompagni, mentre nel cast (Fabio
Morelli, Pietro Trisciuoglio, Sebastiano Sinni) ritroviamo anche
una “vecchia” conoscenza, Lavinia Pini già protagonista dell’ottimo
“Recording”. L’auspicio è che questo team di giovani talenti italiani possa
trovare la giusta visibilità e l’apprezzamento che merita: sarebbe sicuramente
interessante vederli all’opera in un lungometraggio, ma si sa, nel Bel Paese il
significato della parola “meritocrazia” è – ahimè – sconosciuto.