Uno psicopatico assassino, dopo aver scontato diversi anni
di reclusione si ritrova in libertà. Confuso e disorientato inizia a vagare per
le strade di una città che non conosce, senza soldi e senza un posto dove
andare. Il suo unico pensiero è quello di cercare subito una potenziale vittima
per soddisfare gli istinti omicidi mai sopiti.
Unico lungometraggio del regista
e sceneggiatore austriaco che porta sugli schermi la storia di Werner Kniesek,
serial killer che negli anni ’70 venne arrestato per l’omicidio di un’anziana
signora; poco dopo il suo rilascio venne nuovamente catturato per aver
torturato e sterminato un’intera famiglia nella propria abitazione. Kargl si
attiene rigorosamente ai fatti realmente accaduti utilizzando un approccio cronachistico
dettagliato ed intimista. La peculiarità del film è dovuta alla quasi totale
mancanza di dialoghi che lasciano il posto alla voce fuori campo del protagonista.
Quest’ultimo, attraverso un distorto e complesso viaggio introspettivo,
racconta alcuni episodi
traumatici della propria vita, a partire dalla difficile situazione familiare
vissuta durante l’infanzia, facendo emergere un ritratto psicologico alterato e
perverso. La pellicola, uscita anche con
i titoli “Fear” e “Schizophrenia”, colpisce per la crudezza con cui dipinge il
sadico personaggio, prendendo le distanze dal classico assassino seriale stereotipato
ma senza per questo risparmiarci macabre e feroci sequenze. L’idea del serial
killer “super eroe” che studia ed inscena un piano impeccabile, camuffando la
sua vera indole, viene infatti abbandonata
a beneficio di una rappresentazione terribilmente realistica e per
questo impefetta. La prigione, anziché avere un effetto rieducativo, causa
all’uomo una vera e propria astinenza,
facendolo piombare in un circolo vizioso che pare essere una bomba ad
orologeria. Le atrocità di cui si macchia il carnefice sono rese ancora più
folli e quasi surreali dalla discrepanza
che intercorre tra le intenzioni narrate e le azioni effettivamente
compiute: non c’è nessun nesso tra il pensiero e la concretezza dell’atto. Così, quando l’assassino architetta l’omicidio
perfetto, pianificando con convinzione ogni mossa, lo fa con apparente lucidità
e senso di controllo; una padronanza e sicurezza che di fatto non trovano
pressoché riscontro nella realtà. Tutto questo a sottolineare la natura
schizofrenica del maniaco, che combatte una guerra interiore dalla quale uscirà
inesorabilmente sconfitto: l’istinto viscerale e animalesco di soddisfare le
proprie fantasie gli farà perdere ogni barlume di razionalità e con esso ogni
chance di agire nella maniera più logica possibile. Completamente in balìa dell’impulso
irrefrenabile e incontrollabile di uccidere, l’assassino opera con una
scompostezza ed una disorganizzazione tali da suscitare quasi una comica
tenerezza. Ottima la prova attoriale di Erwin Leder, il quale regge
egregiamente sulle proprie spalle un fardello pesantissimo, servendosi
unicamente del linguaggio del corpo.
Nota di merito anche all’impianto registico che sfrutta stilemi poco canonici ma molto artistici, esprimendo alla perfezione il disagio psichico del protagonista: body cam, lunghi piano sequenza ed inquadrature decentrate -realizzate da ogni angolazione possibile- rendono la visione molto più angosciante e verosimile, grazie anche al supporto di una fotografia fredda ed elementare che pone in risalto le squallide ambientazioni in cui si svolge la vicenda. La morte di altri esseri umani è per l’omicida l’unica ragione di vita, un bisogno fisico e mentale impellente che lo risucchia in un vortice di eccitazione sessuale: vedere la paura nascere negli occhi delle sue prede è uno stimolo talmente indomabile, essenziale e disperato da anteporsi anche alla propria salvezza e libertà. "Angst” non è solo un film, è il grido disumano e drammatico di un animo tormentato e spietato che fa della sofferenza altrui il perno centrale della propria esistenza.
Nota di merito anche all’impianto registico che sfrutta stilemi poco canonici ma molto artistici, esprimendo alla perfezione il disagio psichico del protagonista: body cam, lunghi piano sequenza ed inquadrature decentrate -realizzate da ogni angolazione possibile- rendono la visione molto più angosciante e verosimile, grazie anche al supporto di una fotografia fredda ed elementare che pone in risalto le squallide ambientazioni in cui si svolge la vicenda. La morte di altri esseri umani è per l’omicida l’unica ragione di vita, un bisogno fisico e mentale impellente che lo risucchia in un vortice di eccitazione sessuale: vedere la paura nascere negli occhi delle sue prede è uno stimolo talmente indomabile, essenziale e disperato da anteporsi anche alla propria salvezza e libertà. "Angst” non è solo un film, è il grido disumano e drammatico di un animo tormentato e spietato che fa della sofferenza altrui il perno centrale della propria esistenza.
Pubblicato su HorrorMovie